Il lavoro nelle piattaforme digitali

Avrete senz’altro sentito parlare di piattaforme digitali.

Il legislatore ne ha recentemente fornito una definizione, precisando che “si considerano piattaforme digitali i programmi e le procedure informatiche utilizzati dal committente che, indipendentemente dal luogo di stabilimento, sono strumentali all’attività di consegna di beni, fissandone il compenso e determinando le modalità di esecuzione della prestazione.”

Si tratta, in tutta evidenza, di una definizione non esaustiva e inidonea a ricomprendere le svariate tipologie di piattaforme esistenti nell’attuale era digitale.

Volendo tracciare un comune denominatore che le caratterizzi, pare potersi  affermare che si tratta di “basi virtuali” che costituiscono un mercato in cui si scambiano beni e servizi e, in talune ipotesi, anche un mercato del lavoro.

Le piattaforme più conosciute

Le piattaforme a maggiore tipicità sociale sono:

  1. a) quelle che mediano l’incontro tra offerta e domanda di prestazione di lavoro di tipo standard e sostanzialmente uniformi (i fattorini di Foodora, gli autisti di Uber);
  2. b) quelle che mediano domanda e offerta di lavoro fisico ma per c.d. micro

lavoretti e servizi specializzati (lavori di pulizia, babysitteraggio);

  1. c) quelle che mediano lavoro digitale che si svolge sulla piattaforma, spesso creativo e specialistico (graphic design, branding, traduzioni).

Il lavoro svolto in tali contesti è remunerato ed organizzato attraverso una piattaforma on line che, a seconda dei modelli, assume un ruolo più o meno intrusivo nel controllo delle prestazioni di lavoro che intermedia.

Lo scopo della mediazione è lo svolgimento di compiti specifici, a volte standard, nel senso di compiti ripetitivi (la consegna di cibo, il trasporto di passeggeri con la propria autovettura, i lavori di pulizia), a volte diversificati e richiedenti un livello di alta professionalità.

Qual è il rapporto tra lavoratore ed impresa?

Il lavoratore è per definizione esternalizzato ed il lavoro non si confronta con i confini dell’impresa.

Tale nuovo scenario pone il problema di individuare qual’è la relazione giuridica che si instaura tra chi presta la propria opera (lavoro subordinato? Autonomo? O che altro?) e la piattaforma digitale e quali possano essere le tecniche di tutela dei lavoratori c.d. digitali.

Va chiarito che la questione naturalmente non si pone in relazione a tutte quelle piattaforme che non mediano lavoro anche finalizzato a servizi, ma si limitano a mediare direttamente servizi: di scambio commerciale (ebay), di affitto d’alloggio (Airbnb), di informazioni turistiche (Tripadvisor).

Viceversa, il problema di quali tutele spettino al lavoratore è particolarmente sentito laddove le piattaforme siano incaricate, dietro pagamento di un corrispettivo, di rendere un servizio al cliente che ha accettato una proposta commerciale e lo realizzino attraverso l’affidamento di quello stesso servizio ad una folla di lavoratori connessi alla piattaforma (o come si suol dire, loggati).

Il tema della subordinazione si pone fortemente quando, ad esempio, viene imposto al lavoratore non solo il corrispettivo per la sua opera, trattenendone una parte sempre unilateralmente imposta e di eseguire la prestazione in base a specifiche modalità per garantire determinati standard qualitativi del servizi, ma soprattutto quando eventuali difformità tra quanto offerto dalla piattaforma e realizzato dal lavoratore siano sanzionate mediante disconnessione del lavoratore dalla app, mediante una sorta di potere disciplinare e di controllo, potenzialmente sintomatico di un rapporto di dipendenza.

Alcuni esempi pratici

Per fare un esempio concreto, basti pensare che Uber valuta l’attività dei prestatori di lavoro tramite i feedback degli utenti e che in caso di giudizi negativi o di mancata risposta all’80% delle chiamate, l’autista verrà disconnesso dalla piattaforma.

Venendo ad un ambito ancor più vicino alle nostre abitudini di vita, maggiormente in periodo di Covid 19, si pensi alle app che garantiscono la consegna di cibo a domicilio (Foodora, Deliveroo, Justeat). In tali casi, la piattaforma acquisisce l’ordine e può avvalersi di un numero imprecisato di fattorini, i c.d. riders, che efffettuano il ritiro al ristorante e il trasporto al domicilio del cliente. I riders, utilizzando un mezzo proprio, sono liberi di accettare o meno di effettuare la consegna nel termine stabilito dalla piattaforma e quale tragitto percorrere. Hanno l’obbligo di segnalare ritardi e mancate consegne, avendo in tal caso una decurtazione del compenso, e saranno disconnessi dalla piattaforma in caso di reiterati disservizi.

Cosa dice la Giurisprudenza

La Giurisprudenza, proprio in relazione ai riders ed in ordine alla qualificazione giuridica del rapporto intercorrente tra essi e la piattaforma, si è espressa con la nota sentenza n. 1663/2020.

I Giudici di legittimità – pur rigettando la teoria di un tertium genus intermedio tra lavoro subordinato ed autonomo – hanno confermato quanto statuito dalla Corte d’Appello di Torino, in ordine alla applicabilità, alla fattispecie della prestazione di lavoro dei riders, dell’art. 2 del Dlgs n. 81 del 2015. Norma che prevede l’applicazione del rapporto di lavoro subordinato anche “ai rapporti di collaborazione che si concretino in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e luoghi di lavoro”.

La Corte ha pertanto ritenuto di estendere ad una eterogenea fascia di rapporti, correttamente inquadrati nelle collaborazioni autonome, la disciplina protettiva del rapporto di lavoro subordinato. E lo ha fatto per applicare una tutela “rafforzata” nei confronti di alcune tipologie di lavori, quali quelle delle piattaforme digitali considerati deboli.

Incidentalmente, si evidenzia come l’impostazione prescelta dalla Corte sia stata normativamente avallata dalla Legge n. 128 del 2019 che, novellando l’art. 2 del Jobs Act  – oltre a sostituire il termine “esclusivamente” con “prevalentemente” e a sopprimere le parole “anche con riferimento ai tempi e luoghi di lavoro”, con l’intento di incoraggiare un’interpretazione estensiva di collaboratore organizzato dal Committente –  ha aggiunto, dopo il primo periodo, il seguente testo: “le disposizioni di cui al presente comma si applicano qualora le modalità di esecuzione della prestazione siano organizzate mediante piattaforme anche digitali”.

Ma quanto statuito dalla Suprema Corte sul caso dei riders vale dunque a qualificare tutti i rapporti di lavoro gestiti tramite piattaforma?

No, occorre una valutazione caso per caso.

In questo senso è interessante una recente pronuncia di merito – Tribunale Bologna 20.10.2020 – riguardante il disconoscimento di rapporti di lavoro autonomo da parte di infermieri facenti parte di una associazione professionale.

Tra gli elementi che hanno condotto il Tribunale a qualificare i rapporti in termini di subordinazione vi è proprio l’utilizzo di una piattaforma per la gestione delle attività dei singoli associati.

Nel caso di specie il Giudice, evocando un’altra forma di attività gestita con modalità analoghe e cioè proprio quella dei riders, pone l’accento sulla differenza tra una piattaforma che gestisce l’intero rapporto di lavoro tramite algoritmo e una piattaforma che – come nel caso degli infermieri – è utilizzata solo per la registrazione dei dati.

In quest’ultimo caso, la piattaforma costituisce un mero database poiché i poteri di organizzazione, di controllo e disciplinare sono di fatto esercitati da un essere umano quale referente/preposto, il quale il quale ha il potere di determinare luoghi, tempi e modalità della prestazione.

Nel caso dei riders, viceversa, è una macchina – e più precisamente un algoritmo – che decide le modalità di esecuzione della prestazione, con la conseguenza che gli indici per la qualificazione del rapporto di lavoro devono rinvenirsi nell’analisi del programma utilizzato (e dunque nel regolamento istitutivo e di funzionamento della piattaforma).

In definitiva, l’indagine volta ad accertare la sussistenza o meno dei tradizionali indici di subordinazione andrà condotta caso per caso: ed allora, nell’ipotesi degli infermieri, valutando le modalità di utilizzo della piattaforma e dell’interazione del responsabile nella sua gestione; nell’ipotesi dei riders, valutando il regolamento o il programma utilizzato per la predisposizione dell’algoritmo che gestisce l’intero rapporto di lavoro.