Risarcimento danni cagionato da animali. È responsabile il proprietario del cane per il morso dell’animale, nonostante il danneggiato fosse stato avvertito di non toccarlo?

È su tale questione che la Corte di Appello di Firenze, con sentenza non definitiva nr. 1239/2020 pubblicata il 3 luglio 2020, si è dovuta esprimere a fronte dell’impugnazione della sentenza di primo grado che aveva rigettato la richiesta di risarcimento del danno avanzata dal danneggiato che, contravvenendo agli avvertimenti della padrona del cane di non avvicinarsi allo stesso, aveva comunque provato ad accarezzarlo, scatenando un’improvvisa reazione dell’animale che lo azzannava al volto.

Andiamo ad analizzare più approfonditamente i fatti della vicenda.

L’appellante si è era recato presso un’azienda per una visita lavorativa e nell’occasione veniva accolto dalla titolare della stessa azienda, in compagnia del cane di proprietà del figlio, per parlare di affari e per prendere un caffè. All’ingresso dell’immobile in cui era ubicata l’azienda era presente un apposito cartello che segnalava la presenza dell’animale che, comunque, rimaneva libero di aggirarsi indisturbato all’interno dello stabile senza essere legato ad alcun guinzaglio e senza museruola. Sin da subito la titolare si era premurata di avvisare il proprio ospite di non avvicinarsi al cane di razza golden retriver che, pur essendo di indole mansueta, era opportuno per gli sconosciuti non dargli particolare confidenza. L’appellante, quindi, in un primo momento, ascoltando gli avvertimenti della padrona del cane, aveva evitato di avere contatti con lo stesso. Tuttavia, lo stesso appellante, facendo affidamento sia nella presenza della medesima padrona e sia, soprattutto, sul fatto che durante tutto il tempo trascorso all’interno dell’azienda insieme alla medesima titolare il cane golden retriver aveva sempre accompagnato i due senza aver mai manifestato alcun segnale di aggressività, tentò comunque di accarezzarlo, chinandosi verso l’animale e scatenandone, però, un’imprevista reazione violenta, culminatasi con un morso al volto dell’ospite con conseguente lacerazione dell’occhio sinistro.

Il Giudice di prime cure aveva ritenuto talmente imprudente la condotta del danneggiato, tale da considerarla quale caso fortuito di per sé idoneo a recidere il nesso causale esistente tra l’animale ed il suo proprietario, cosicché la presunzione di responsabilità in capo a quest’ultimo per danno cagionato da animali ex art. 2052 c.c veniva superata.

Come noto, infatti, il principio costante in giurisprudenza, infatti, è quello per cui: “La responsabilità del proprietario, o di chi si serve di un animale, di cui all’art. 2052 c.c., si fonda non su un comportamento o un’attività – commissiva od omissiva – ma su una relazione intercorrente tra i predetti e l’animale, il cui limite risiede nel caso fortuito, la prova del quale – a carico del convenuto – può anche avere ad oggetto il comportamento del danneggiato, purché avente carattere di imprevedibilità, inevitabilità e assoluta eccezionalità” (Cass. Civ. 20/05/2016, n. 10402).

 

Tuttavia, la Corte di Appello di Firenze, in totale riforma della  predetta sentenza di primo grado, ha rilevato che il mero tentativo di accarezzare l’animale non poteva configurare una condotta talmente imprevedibile da essere qualificata come caso fortuito e tale da interrompere il nesso causale che lega la responsabilità del proprietario con il proprio animale.

In altre parole, la responsabilità del padrone non era venuta meno per il solo fatto di avere apposto all’ingresso dello stabile un cartello con la scritta “attenti al cane”, che costituisce soltanto mero avviso della presenza dell’animale, né era cessata per aver avvisato il danneggiato di non avvicinarsi allo stesso.

Per liberarsi dalla responsabilità ex art. 2052 c.c., secondo la Corte, il proprietario avrebbe dovuto, invece, assicurare il cane ad un guinzaglio, ovvero spostarlo in un’altra area dello stabile e non certo lasciarlo libero di aggirarsi all’interno dell’azienda privo di museruola, accettando in tal modo il rischio di una sua possibile reazione violenta verso terzi soggetti.

Allo stesso tempo, comunque, la Corte ha rilevato che il comportamento imprudente dell’uomo, consistente nel tentativo di accarezzare l’animale nonostante gli avvertimenti impartitegli dalla padrona, ha contribuito causalmente alla determinazione del suo ferimento, peraltro al pari della già citata condotta altrettanto imprudente del custode dell’animale. Il danneggiato, ad avviso del Giudice di secondo grado, avrebbe dovuto porre in essere tutte quelle condotte orientate al contenimento dell’evento dannoso, tra cui il rispetto delle precauzioni e degli avvertimenti della titolare dello stabile, ai sensi dell’art. 1227 c.c..

In conclusione, la Corte d’Appello di Firenze ha riconosciuto la corresponsabilità tra le parti nella causazione dell’evento. Oltre ad affermare la responsabilità ex art. 2052 c.c. in capo al padrone dell’animale, ha affermato anche il concorso del danneggiato nella determinazione del fatto dannoso, ex art. 1227 c.c., con conseguente diminuzione sino alla metà dell’entità del risarcimento richiesto che sarà accertato nella fase istruttoria.

Avv. Lorenzo Valdarnini