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Il c.d. green pass bis è oramai divenuto legge, atteso che in data 15 settembre 2021 è stato convertito in legge il decreto legge n. 105 del 23.07.2021, che estende la validità della certificazione verde a dodici mesi.

Pertanto, dovendo convivere con questa attestazione per diversi mesi, salvo modifiche, è necessario sapere quali conseguenze penali e amministrative comporta il suo utilizzo irregolare.

Preliminarmente, ricordiamo che il green pass rappresenta un mero attestato comprovante o l’avvenuta vaccinazione contro il Covid-19, oppure lo stato di avvenuta guarigione dal virus, ovvero l’effettuazione di un test antigenico, molecolare e, con la nuova modifica, anche salivare, con risultato ovviamente negativo al virus Covid-19.

Dal punto di vista penale, sono diversi i reati in cui possono incorrere le persone che utilizzano il green pass in maniera illecita, potendo, a seconda dei casi, sussistere i delitti di falsità materiale commessa da privato, quello di uso di atto falso o addirittura il delitto di sostituzione di persona.

Anzitutto, preme rilevare che nonostante il green pass venga rilasciato direttamente dal Ministero della Salute e sia munito di un sistema di crittografia a doppia chiave che rende impossibile produrre certificazioni non autentiche, è comunque possibile falsificare questo documento attraverso l’utilizzo di altri strumenti.

Infatti, nella cronaca quotidiana sono molteplici le notizie di soggetti che vanno a contraffare od alterare la certificazione rilasciata dal Ministero, o spendono il green pass di altri soggetti.

Andiamo ora ad analizzare i reati sopra elencati.

Il reato di falsità materiale commessa dal privato (ex art. 482 c.p.) si integra quando taluno forma in tutto o in parte un atto falso ovvero altera un atto vero. Per quanto riguarda la prima condotta (contraffazione), questa consiste nel formare un atto ex novo dandogli un’identità diversa da quella effettiva: si pensi ai falsi certificati venduti attraverso alcuni canali Telegram; mentre l’alterazione, consiste nel modificare un documento già esistente, con nuovi dati o con l’eliminazione di una parte dei dati contenuti nel documento: si pensi, ad esempio, a colui che una volta eseguito il tampone rapido, valido per 48 ore, alla scadenza modifica la data di validità della certificazione.

Per tale reato sono previste sanzioni di rilevante entità atteso che il codice penale prevede la reclusione, ai sensi dell’art. 482 combinato con l’art. 477 c.p., da quattro mesi a due anni.

Se ciò non bastasse, come detto, vi sono anche altri illeciti legati al green pass, infatti se un soggetto, ad esempio, entra in un ristorante ed esibisce una certificazione falsa benché non falsificata da lui, ma consapevole del fatto che il documento che sta esibendo non è autentico, compie il reato di uso di atto falso punito dall’art. 489 c.p., con la reclusione ridotta di un terzo rispetto al reato di falsità materiale.

Infine, può accadere che un soggetto utilizzi la certificazione altrui; in tali casi si configura il reato di sostituzione di persona, ex art. 494 c.p., che punisce con la reclusione fino ad un anno chi “al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, induce taluno in errore, sostituendo illegittimamente la propria all’altrui persona, o attribuendo a sé o ad altri un falso nome, o un falso stato, ovvero una qualità a cui la legge attribuisce effetti giuridici”.

A fronte di quanto esposto si pone un problema, infatti nel momento in cui un soggetto presenta il green pass, colui che effettua il controllo non ha l’immediata contezza che quell’attestato sia falso, o non appartenga a colui che lo ha esibito, in quanto questo tipo di documento non contiene la foto del titolare bensì soltanto il suo nome e cognome e la sua data di nascita.

Il verificatore richiede la certificazione all’interessato, il quale mostra il relativo QR Code (in formato digitale oppure cartaceo), poi attraverso un’applicazione della pubblica amministrazione denominata VerificaC19 inquadra il QR Code per ottenere in risposta una spunta verde in caso affermativo, o un segnale di divieto rosso nel caso in cui il pass non sia più valido. Nulla di particolarmente complicato se non fosse che, per motivi legati alla privacy, l’applicazione reca, come già detto, solamente il nome e il cognome del soggetto in questione e la sua data di nascita; per convalidare il controllo e assicurarsi che ci si trovi di fronte al reale titolare della certificazione, occorre richiedere il documento di riconoscimento.

Proprio a fronte di queste difficoltà il Ministero dell’Interno ha chiarito che la verifica dell’identità del detentore del green pass da parte del verificatore, pur non essendo un pubblico ufficiale, potrà ricorrere nei casi in cui appare manifesta l’incongruenza con i dati anagrafici contenuti nella certificazione.

Pertanto, se una persona, di giovane età, decide di esibire il green pass di un familiare anziano, il verificatore potrebbe, senza indugio, chiedere l’esibizione del documento di identità e, nel caso vi fosse una discrasia, sporgere denuncia.

Come espresso in precedenza, l’utilizzo illecito del green pass comporta, oltre che delle conseguenze penali, anche delle conseguenze amministrative, infatti colui che, sprovvisto di green pass accede nei luoghi o presso le attività in cui esso è obbligatorio, è passibile di sanzione pecuniaria per un importo che va da € 400,00 a € 1.000,00; analoga sanzione può essere elevata nei confronti dell’esercente che acconsente l’ingresso irregolare; inoltre, qualora la violazione fosse ripetuta per tre volte in tre giorni diversi, l’esercizio potrebbe essere chiuso da uno a dieci giorni.

Infine, ricordiamo che a partire dal 15 Ottobre 2021 fino al 31 dicembre 2021 (salvo proroghe) l’obbligatorietà del green pass sarà estesa a tutti i lavoratori, pubblici e privati.

Coloro che, a partire dal 15 ottobre 2021, entreranno nel luogo di lavoro sprovvisti di Certificazione verde potranno essere puniti con una sanzione pecuniaria che va da € 600,00 a € 1.500,00 euro, oltre alle conseguenze disciplinari previste dai diversi ordinamenti di appartenenza.

Infine, il nuovo decreto legge prevede che i dipendenti che comunicheranno di non avere il green pass o che non saranno in grado di esibirlo all’accesso nel luogo di lavoro saranno considerati assenti senza diritto alla retribuzione fino alla presentazione del certificato verde; avranno comunque diritto alla conservazione del posto di lavoro e non subiranno conseguenze disciplinari.